martedì 21 maggio 2013

124°Puntata - Rassegna Stampa

Raramente mi trovo d'accordo al 100% con quanto scritto in un articolo di giornale, stavolta SI. Copio e incollo dal sito de "La Stampa" un editoriale del giornalista Massimo Gramellini dal titolo "BALO E BUU":


Vorrei la pelle nera per potermi concedere il lusso di ripetere le parole pronunciate ieri a Torino dalla ministra Kyenge, che con equilibrio encomiabile ha scollegato i fischi a Balotelli dalla questione ben più seria del razzismo. Persino un buonista politicamente corretto come me desidererebbe ogni tanto che il centravanti della Nazionale fosse biondo con gli occhi azzurri per poterlo mandare senza sensi di colpa a quel paese. (Anche se, e non bisogna mai dimenticarlo, a un biondo con gli occhi azzurri nessuno indirizzerebbe certi buu). Capisco il trauma della sua infanzia e le ferite sottili dell’adolescenza, quando la famiglia adottiva gli organizzava feste con gli amichetti e lui spariva in camera sua a sfasciare giocattoli, traboccante di rabbia esibizionista nei confronti di un mondo che lo considerava diverso. Però la vita gli ha restituito tanto - in affetti umani, doti sportive e beni materiali - o comunque abbastanza per rendere necessario, e dignitoso, uno scatto di qualità che gli faccia smettere almeno in campo di assumere atteggiamenti da bamboccio indolente, strafottente e provocatorio 

Sia chiaro: la balotellaggine di Balotelli non giustifica i buu. Ma neanche i buu giustificano Balotelli, né possono essere utilizzati da quest’ultimo per continuare a fare i propri comodi indossando i panni della vittima. Le vittime sono i neri sfruttati, discriminati e irrisi. Balotelli può essere il simbolo di un’Italia giovane, aperta e multirazziale, l’unica in grado di tirarci fuori dai guai. Oppure può diventare l’ennesimo prodotto del vittimismo italico: il vero sport nazionale. A lui, non alle curve, la scelta. 

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